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82. Aujourd'hui de nombreux décideurs, tant politiques qu'économi-
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Acta Benedicti Pp. XVI 335
sione, dell'oscuramento della verità. È lo spazio in cui il male, che davanti
alla luce deve nascondersi, può svilupparsi. Gesù stesso è la luce e la verità, la
comunicazione, la purezza e la bontà. Egli entra nella notte. La notte, in
ultima analisi, è simbolo della morte, della perdita definitiva di comunione
e di vita. Gesù entra nella notte per superarla e per inaugurare il nuovo giorno
di Dio nella storia dell'umanità.
Durante questo cammino, Egli ha cantato con i suoi Apostoli i Salmi della
liberazione e della redenzione di Israele, che rievocavano la prima Pasqua in
Egitto, la notte della liberazione. Ora Egli va, come è solito fare, per pregare
da solo e per parlare come Figlio con il Padre. Ma, diversamente dal solito,
vuole sapere di avere vicino a sé tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni.
Sono i tre che avevano fatto esperienza della sua Trasfigurazione - il tra-
sparire luminoso della gloria di Dio attraverso la sua figura umana - e che
Lo avevano visto al centro tra la Legge e i Profeti, tra Mosè ed Elia. Avevano
sentito come Egli parlava con entrambi del suo « esodo » a Gerusalemme.
L'esodo di Gesù a Gerusalemme - quale parola misteriosa! L'esodo di Israele
dall'Egitto era stato l'evento della fuga e della liberazione del popolo di Dio.
Quale aspetto avrebbe avuto l'esodo di Gesù, in cui il senso di quel dramma
storico avrebbe dovuto compiersi definitivamente? Ora i discepoli diventa-
vano testimoni del primo tratto di tale esodo - dell'estrema umiliazione, che
tuttavia era il passo essenziale dell'uscire verso la libertà e la vita nuova, a cui
l'esodo mira. I discepoli, la cui vicinanza Gesù cercò in quell'ora di estremo
travaglio come elemento di sostegno umano, si addormentarono presto. Sen-
tirono tuttavia alcuni frammenti delle parole di preghiera di Gesù e osserva-
rono il suo atteggiamento. Ambedue le cose si impressero profondamente nel
loro animo ed essi le trasmisero ai cristiani per sempre. Gesù chiama Dio
« Abbà ». Ciò significa - come essi aggiungono - « Padre ». Non è, però, la
forma usuale per la parola « padre », bensı̀ una parola del linguaggio dei bam-
bini - una parola affettuosa con cui non si osava rivolgersi a Dio. È il
linguaggio di Colui che è veramente « bambino », Figlio del Padre, di Colui
che si trova nella comunione con Dio, nella più profonda unità con Lui.
Se ci domandiamo in che cosa consista l'elemento più caratteristico della
figura di Gesù nei Vangeli, dobbiamo dire: è il suo rapporto con Dio. Egli sta
sempre in comunione con Dio. L'essere con il Padre è il nucleo della sua
personalità. Attraverso Cristo conosciamo Dio veramente. « Dio, nessuno lo
ha mai visto », dice san Giovanni. Colui « che è nel seno del Padre ... lo ha