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Acta Benedicti Pp. XVI 225
un'interpretazione sbagliata di san Paolo, si è sviluppata ripetutamente, nel
corso della storia e anche oggi, l'opinione che le buone opere non farebbero
parte dell'essere cristiani, in ogni caso sarebbero insignificanti per la salvezza
dell'uomo. Ma se Paolo dice che le opere non possono giustificare l'uomo, con
ciò non si oppone all'importanza dell'agire retto e, se egli parla della fine della
Legge, non dichiara superati ed irrilevanti i Dieci Comandamenti. Non c'è
bisogno ora di riflettere sull'intera ampiezza della questione che interessava
l'Apostolo. Importante è rilevare che con il termine « Legge » egli non intende
i Dieci Comandamenti, ma il complesso stile di vita mediante il quale Israele
si doveva proteggere contro le tentazioni del paganesimo. Ora, però, Cristo ha
portato Dio ai pagani. A loro non viene imposta tale forma di distinzione. A
loro viene dato come Legge unicamente Cristo. Ma questo significa l'amore
per Dio e per il prossimo e tutto ciò che ne fa parte. Fanno parte di quest'a-
more i Comandamenti letti in modo nuovo e più profondo a partire da Cristo,
quei Comandamenti che non sono altro che le regole fondamentali del vero
amore: anzitutto e come principio fondamentale l'adorazione di Dio, il pri-
mato di Dio, che i primi tre Comandamenti esprimono. Essi ci dicono: senza
Dio nulla riesce in modo giusto. Chi sia tale Dio e come Egli sia, lo sappiamo a
partire dalla persona di Gesù Cristo. Seguono poi la santità della famiglia
(quarto Comandamento), la santità della vita (quinto Comandamento), l'or-
dinamento del matrimonio (sesto Comandamento), l'ordinamento sociale
(settimo Comandamento) e infine l'inviolabilità della verità (ottavo Coman-
damento). Tutto ciò è oggi di massima attualità e proprio anche nel senso di
san Paolo - se leggiamo interamente le sue Lettere. « Portare frutto con le
buone opere »: all'inizio della Settimana Santa preghiamo il Signore di donare
a tutti noi sempre di più questo frutto.
Alla fine del Vangelo per la benedizione delle palme udiamo l'acclamazio-
ne con cui i pellegrini salutano Gesù alle porte di Gerusalemme. È la parola
dal Salmo 118 (117), che originariamente i sacerdoti proclamavano dalla Città
Santa ai pellegrini, ma che, nel frattempo, era diventata espressione della
speranza messianica: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore ».4 I
pellegrini vedono in Gesù l'Atteso, che viene nel nome del Signore, anzi,
secondo il Vangelo di san Luca, inseriscono ancora una parola: « Benedetto
colui che viene, il re, nel nome del Signore ». E proseguono con un'acclama-
zione che ricorda il messaggio degli Angeli a Natale, ma lo modifica in una
4 Sal 118 [117], 26; Lc 19, 38.