ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale234

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 Acta Benedicti Pp. XVI 237

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 Acta Benedicti Pp. XVI 239

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 Acta Benedicti Pp. XVI 243

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 Acta Benedicti Pp. XVI 255

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 Acta Benedicti Pp. XVI 257

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale258

 Congregatio pro Episcopis 259

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 Diarium Romanae Curiae 261

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 Diarium Romanae Curiae 263

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale264

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tale motivo è importante superare pericolosi riduzionismi, che, nei decenni

passati, utilizzando categorie più funzionalistiche che ontologiche, hanno

presentato il sacerdote quasi come un « operatore sociale », rischiando di tra-

dire lo stesso Sacerdozio di Cristo. Come si rivela sempre più urgente l'erme-

neutica della continuità per comprendere in modo adeguato i testi del Conci-

lio Ecumenico Vaticano II, analogamente appare necessaria un'ermeneutica

che potremmo definire « della continuità sacerdotale », la quale, partendo da

Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, e passando attraverso i duemila anni della

storia di grandezza e di santità, di cultura e di pietà, che il Sacerdozio ha

scritto nel mondo, giunga fino ai nostri giorni.

Cari fratelli sacerdoti, nel tempo in cui viviamo è particolarmente impor-

tante che la chiamata a partecipare all'unico Sacerdozio di Cristo nel Mini-

stero ordinato fiorisca nel « carisma della profezia »: c'è grande bisogno di

sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo; uomini

non soggetti ad effimere mode culturali, ma capaci di vivere autenticamente

quella libertà che solo la certezza dell'appartenenza a Dio è in grado di

donare. Come il vostro Convegno ha ben sottolineato, oggi la profezia più

necessaria è quella della fedeltà, che partendo dalla Fedeltà di Cristo all'u-

manità, attraverso la Chiesa ed il Sacerdozio ministeriale, conduca a vivere il

proprio sacerdozio nella totale adesione a Cristo e alla Chiesa. Infatti, il

sacerdote non appartiene più a se stesso, ma, per il sigillo sacramentale

ricevuto,3 è « proprietà » di Dio. Questo suo « essere di un Altro » deve diven-

tare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza.

Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e

amare, di relazionarsi con le persone, anche nell'abito, il sacerdote deve trarre

forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo.

Di conseguenza, deve porre ogni cura nel sottrarsi alla mentalità dominante,

che tende ad associare il valore del ministro non al suo essere, ma solo alla sua

funzione, misconoscendo, cosı̀, l'opera di Dio, che incide nell'identità profon-

da della persona del sacerdote, configurandolo a Sé in modo definitivo.4

L'orizzonte dell'appartenenza ontologica a Dio costituisce, inoltre, la

giusta cornice per comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il

valore del sacro celibato, che nella Chiesa latina è un carisma richiesto

per l'Ordine sacro 5 ed è tenuto in grandissima considerazione nelle Chiese

3 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1563; 1582. 4 Cfr. ibid., n. 1583. 5 Cfr. Presbyterorum Ordinis, 16.