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Postquam « bonum certamen certavit et cursum consummavit » (cfr 2 Tim
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le? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà
e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di « amici di Cri-
sto », da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati?
Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al
quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l'esempio di
una dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la
morte nell'atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi
alla mia memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che conti-
nuo ad incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni,
generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdo-
tale. Ma l'espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del
Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conse-
guenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono
coinvolti, sia perché partecipi dell'esperienza umana del dolore nella molte-
plicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del
loro ministero: come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità,
impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema
testimonianza del sangue?
Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la
Chiesa stessa a soffrire per l'infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a
trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può
giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle
debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della
grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pa-
stori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spiri-
tuali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi
di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto
di riferimento: il Curato d'Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto
prete, d'essere un dono immenso per la sua gente: «Un buon pastore, un
pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa
accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia
divina ».3 Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della
grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: « Oh come
il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce:
egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si
rinchiude in una piccola ostia... ».4 E spiegando ai suoi fedeli l'importanza dei
3 Nodet, p. 101. 4 Ibid., p. 97.