Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale570
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale572
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale574
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale576
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale578
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale580
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale582
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale586
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Congregatio de Causis Sanctorum 605
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Congregatio de Causis Sanctorum 607
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Postquam « bonum certamen certavit et cursum consummavit » (cfr 2 Tim
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Acta Benedicti Pp. XVI 599
tato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed
entrato nel presente. Questo significa essere Pastore - modello del gregge:
vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa.
Molto brevemente vorrei ancora richiamare l'attenzione su due altre af-
fermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale
noi, in questo nostro tempo. C'è innanzitutto la frase oggi nuovamente sco-
perta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito, il
compito del teologo: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sem-
pre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi ».7
La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza
che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbia-
mo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro
mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della
nostra ragione, cosı̀ come l'amore vede più della semplice intelligenza. Ma la
fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione.
Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di
là di essa - introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del
nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione
della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione,
ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. La fede esige la nostra
partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione
d'amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col
pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella
disputa del nostro tempo. Tuttavia, il pensare - pur cosı̀ necessario - da
solo non basta. Cosı̀ come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi
battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro al-
lude al Salmo usato nella Chiesa antica nel contesto della comunione, e cioè al
versetto che dice: « Gustate e vedete com'è buono il Signore ».8 Solo il gustare
conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione
conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo
nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti.
Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno
dell'esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo. La fede non
deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il
Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano
aderiamo a Cristo - allora « vediamo » sempre di più quanto Egli è buono.
7 3, 15. 8 Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2, 3.