tula ad Hebraeos cum « plenitudine fidei » (10, 22) arte coniungit « spei con-
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fisicamente con noi, ma sono a noi idealmente uniti. La celebrazione del
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speciale, a quelle più provate dalla sofferenza, da sfide e difficoltà di vario
genere. Tra queste, come non volgere lo sguardo con apprensione ed affetto,
in questo momento di gioia, alle care comunità cristiane che si trovano in
Iraq? Questi nostri fratelli e sorelle nella fede sperimentano nella propria
carne le conseguenze drammatiche di un perdurante conflitto e vivono al
presente in una quanto mai fragile e delicata situazione politica. Chiamando
ad entrare nel Collegio dei Cardinali il Patriarca della Chiesa Caldea ho inteso
esprimere in modo concreto la mia vicinanza spirituale e il mio affetto per
quelle popolazioni. Vogliamo insieme, cari e venerati Fratelli, riaffermare la
solidarietà della Chiesa intera verso i cristiani di quella amata terra e invitare
ad invocare da Dio misericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l'avvento
dell'auspicata riconciliazione e della pace.
Abbiamo ascoltato poco fa la Parola di Dio che ci aiuta a meglio com-
prendere il momento solenne che stiamo vivendo. Nel brano evangelico Gesù
ha appena ricordato per la terza volta la sorte che lo attende a Gerusalemme,
ma l'arrivismo dei discepoli prende il sopravvento sulla paura che per un
attimo li aveva assaliti. Dopo la confessione di Pietro a Cesarea e la discus-
sione lungo la strada su chi di loro fosse il più grande, l'ambizione spinge i figli
di Zebedeo a rivendicare per se stessi i posti migliori nel regno messianico, alla
fine dei tempi. Nella corsa ai privilegi, i due sanno bene quello che vogliono,
cosı̀ come gli altri dieci, nonostante la loro « virtuosa » indignazione. In realtà
però non sanno quello che stanno chiedendo. È Gesù a farlo loro comprende-
re, parlando in termini ben diversi del «ministero » che li attende. Egli cor-
regge la concezione grossolana del merito, che essi hanno, secondo la quale
l'uomo può acquistare dei diritti nei confronti di Dio.
L'evangelista Marco ci ricorda, cari e venerati Fratelli, che ogni vero
discepolo di Cristo può aspirare ad una cosa sola: a condividere la sua pas-
sione, senza rivendicare alcuna ricompensa. Il cristiano è chiamato ad assu-
mere la condizione di « servo » seguendo le orme di Gesù, spendendo cioè la sua
vita per gli altri in modo gratuito e disinteressato. Non la ricerca del potere e
del successo, ma l'umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratterizzare
ogni nostro gesto ed ogni nostra parola. La vera grandezza cristiana, infatti,
non consiste nel dominare, ma nel servire. Gesù ripete quest'oggi a ciascuno
di noi che Egli « non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la
propria vita in riscatto per molti » (Mc 10, 45). Ecco l'ideale che deve orientare
il vostro servizio. Cari Fratelli, entrando a far parte del Collegio dei Cardinali,