tula ad Hebraeos cum « plenitudine fidei » (10, 22) arte coniungit « spei con-
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fisicamente con noi, ma sono a noi idealmente uniti. La celebrazione del
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Congregatio pro Episcopis 1071
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Paenitentiaria Apostolica 1073
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Paenitentiaria Apostolica 1075
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Acta Benedicti Pp. XVI 1051
solo intravisto da lontano, ma è realtà di cui siamo stati chiamati a far parte,
nella quale siamo stati « trasferiti », grazie all'opera redentrice del Figlio di
Dio (cfr Col 1, 12-14). Quest'azione di grazie apre l'animo di san Paolo alla
contemplazione di Cristo e del suo mistero nelle sue due dimensioni principali:
la creazione di tutte le cose e la loro riconciliazione. Per il primo aspetto la
signoria di Cristo consiste nel fatto che « tutte le cose sono state create per
mezzo di lui e in vista di lui ... e tutte in lui sussistono » (Col 1, 16). La seconda
dimensione s'incentra sul mistero pasquale: mediante la morte in croce del
Figlio, Dio ha riconciliato a sé ogni creatura, ha fatto pace tra cielo e terra;
risuscitandolo dai morti lo ha reso primizia della nuova creazione, « pienezza »
di ogni realtà e « capo del corpo » mistico che è la Chiesa (cfr Col 1, 18-20).
Siamo nuovamente dinanzi alla croce, evento centrale del mistero di Cristo.
Nella visione paolina la croce è inquadrata all'interno dell'intera economia
della salvezza, dove la regalità di Gesù si dispiega in tutta la sua ampiezza
cosmica.
Questo testo dell'Apostolo esprime una sintesi di verità e di fede cosı̀
potente che non possiamo non restarne profondamente ammirati. La Chiesa
è depositaria del mistero di Cristo: lo è in tutta umiltà e senza ombra di
orgoglio o arroganza, perché si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza
alcun merito e che è chiamata ad offrire gratuitamente all'umanità di ogni
epoca, come orizzonte di significato e di salvezza. Non è una filosofia, non è
una gnosi, sebbene comprenda anche la sapienza e la conoscenza. È il mistero
di Cristo; è Cristo stesso, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re
dell'universo. Come non provare un émpito di entusiasmo colmo di gratitu-
dine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazio-
ne? Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilità di servire
questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria? Questo
è, in modo particolare, il nostro compito, venerati Fratelli Cardinali: annun-
ciare al mondo la verità di Cristo, speranza per ogni uomo e per l'intera
famiglia umana. Sulla scia del Concilio Ecumenico Vaticano II, i miei vene-
rati Predecessori, i Servi di Dio Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo
II, sono stati autentici araldi della regalità di Cristo nel mondo contempora-
neo. Ed è per me motivo di consolazione poter contare sempre su di voi, sia
collegialmente che singolarmente, per portare a compimento anch'io tale
compito fondamentale del ministero petrino.