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Dice l'apostolo Paolo che « l'avidità del denaro è la radice di tutti i
mali » ( 1 Tm 6, 10). Essa è il principale motivo della corruzione e fon-
te di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può arrivare a dominarci, così
da diventare un idolo tirannico (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 55).
Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene
ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il
mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all'amore e
ostacola la pace.
La parabola ci mostra poi che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso.
La sua personalità si realizza nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò
che lui può permettersi. Ma l'apparenza maschera il vuoto interiore. La
sua vita è prigioniera dell'esteriorità, della dimensione più superficiale
ed effimera dell'esistenza (cfr ibid., 62).
Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L'uo-
mo ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio,
dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l'uomo corrotto
dall'amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per que-
sto le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto
dell'attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non
vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione.
Guardando questo personaggio, si comprende perché il Vangelo sia così
netto nel condannare l'amore per il denaro: « Nessuno può servire due pa-
droni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno
e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza » ( Mt 6, 24).
3. La Parola è un dono
Il Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene alla
Pasqua che si avvicina. La liturgia del Mercoledì delle Ceneri ci invita a vivere
un'esperienza simile a quella che fa il ricco in maniera molto drammatica. Il
sacerdote, imponendo le ceneri sul capo, ripete le parole: « Ricordati che sei
polvere e in polvere tornerai ». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi
e la parte principale della parabola si svolge nell'aldilà. I due personaggi
scoprono improvvisamente che « non abbiamo portato nulla nel mondo e
nulla possiamo portare via » ( 1 Tm 6, 7).