professionem. Expleto praescripto curriculo, ordinationem suscepit sacerdo-
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cezione della vita di ampi settori della società. Il passato appare, cosı̀, solo
infatti che la Chiesa possa trarre ispirazione nelle sue scelte attingendo al suo
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che ci offre il Signore. C'è una possibilità di rinnovamento, di essere nuovi. Il
Signore comincia con noi di nuovo e noi possiamo ricominciare cosı̀ anche con
gli altri nella nostra vita.
Questo aspetto del rinnovamento, della restituzione del nostro essere dopo
tante cose sbagliate, dopo tanti peccati, è la grande promessa, il grande dono
che la Chiesa offre. E che, per esempio, la psicoterapia non può offrire. La
psicoterapia oggi è cosı̀ diffusa e anche necessaria di fronte a tante psiche
distrutte o gravemente ferite. Ma le possibilità della psicoterapia sono molto
limitate: può solo cercare un po' di riequilibrare un'anima squilibrata. Ma
non può dare un vero rinnovamento, un superamento di queste gravi malat-
tie dell'anima. E perciò rimane sempre provvisoria e mai definitiva. Il sacra-
mento della penitenza ci dà l'occasione di rinnovarci fino in fondo con la
potenza di Dio - ego te absolvo - che è possibile perché Cristo ha preso su
di sé questi peccati, queste colpe. Mi sembra che questo sia proprio oggi una
grande necessità. Possiamo essere risanati. Le anime che sono ferite e malate,
come è l'esperienza di tutti, hanno bisogno non solo di consigli ma di un vero
rinnovamento, che può venire solo dal potere divino, il quale, a sua volta,
viene dal potere dell'amore crocifisso. Mi sembra questo il grande nesso dei
misteri che alla fine incidono realmente nella nostra vita. Dobbiamo noi stessi
rimeditarli e cosı̀ farli arrivare di nuovo alla nostra gente.
(Don Massimo Tellan, parroco di Sant'Enrico). Sono Don Massimo Tellan,
sacerdote da quindici anni, da sei parroco a Casal Monastero, settore nord. Credo
che tutti ci rendiamo conto di vivere sempre di più immersi in un mondo cultu-
ralmente inflazionato dalle parole, spesso prive persino di significato, che diso-
rientano il cuore umano a tal punto da renderlo sordo alla parola di verità.
Quella parola eterna che si è fatta carne e ha assunto un volto in Gesù di Nazareth
diviene cosı̀ per molti evanescente, e sopratutto per le nuove generazioni, inconsi-
stente e lontana. Certamente confusa nella selva di immagini ambigue ed effimere
da cui si è bombardati quotidianamente. Allora che spazio dare nell'educare alla
fede, a questo binomio di parola da accogliere e immagine da contemplare? Dove è
finita l'arte del raccontare la fede e dell'introdurre al mistero, come avveniva in
passato con la biblia pauperum? Nell'odierna società dell'immagine come pos-
siamo recuperare la forza prorompente del vedere, che accompagna il mistero
dell'incarnazione e l'incontro con il mistero di Gesù, come avvenne per Giovanni
e Andrea sulle rive del Giordano, invitati ad andare e vedere dove abitava il
maestro? In altre parole: come educare alla ricerca e alla contemplazione di
quella vera bellezza che come scriveva Dostoevskij, salverà il mondo? Grazie,