ACTA BENEDICTI PP. XVI

 professionem. Expleto praescripto curriculo, ordinationem suscepit sacerdo-

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 cezione della vita di ampi settori della società. Il passato appare, cosı̀, solo

 infatti che la Chiesa possa trarre ispirazione nelle sue scelte attingendo al suo

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 Congregatio pro Episcopis 201

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale202

 Congregatio pro Episcopis 203

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale204

 Diarium Romanae Curiae 205

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale206

 Diarium Romanae Curiae 207

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale208

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Taizé - sia anche, riallacciandoci all'arte dell'icona, di un'arte cristiana che

rimane, diciamo, nelle grandi normative dell'arte iconologica del passato, ma

allargandosi alle esperienze e alle visioni di oggi. Laddove c'è una vera e

profonda meditazione della parola, dove entriamo realmente nella contem-

plazione di questa visibilità di Dio nel mondo, di questa toccabilità di Dio nel

mondo, nascono anche nuove immagini, nuove possibilità di rendere visibile

gli avvenimenti della salvezza, in particolare questo avvenimento dell'incar-

nazione. L'Antico Testamento vieta ogni immagine e deve vietarlo in un

mondo pieno di divinità. Esso vive proprio nel grande vuoto che è anche

rappresentato dall'interno del tempio, dove, in contrasto con altri templi,

non c'è nessuna immagine ma solo il trono vuoto della parola, la presenza

misteriosa del Dio invisibile, non circoscritto da nostre immagini.

Ma poi questo Dio misterioso ci libera dall'inflazione delle immagini,

anche di un tempo pieno di immagini di divinità, e ci dà la libertà della

visione dell'essenziale. Appare con un volto, con un corpo, con una storia

umana che, nello stesso tempo, è una storia divina. Una storia che continua

nella storia dei santi, dei martiri, dei santi della carità, della parola, che sono

sempre esplicazione, continuazione del corpo di Cristo, di questa sua vita

divina e umana, e ci dà le immagini fondamentali nelle quali - al di là di

quelle superficiali che nascondono la realtà - possiamo aprire lo sguardo

verso la Verità stessa. In questo senso mi sembra eccessivo il periodo icono-

clastico del dopo Concilio, che aveva tuttavia un suo senso, perché era forse

necessario liberarsi da una superficialità nel vedere tutte le immagini.

Adesso torniamo ad una conoscenza del Dio che si è fatto uomo. Come ci

dice la Lettera agli Efesini, Lui è la vera immagine. E in questa vera imma-

gine vediamo - oltre le apparenze che nascondono la verità - la verità

stessa che vede me, vede il Padre. In questo senso direi che, con molto

rispetto e con molta reverenza, possiamo ritrovare un'arte cristiana e anche

ritrovare le grandi rappresentazioni del mistero di Dio nella tradizione icono-

grafica della Chiesa. E cosı̀ potremo riscoprire l'immagine vera, quella coper-

ta dalle apparenze. È realmente un lavoro importante dell'educazione cristia-

na. La liberazione della parola da altre parole esige sempre nuovi spazi di

silenzio, di meditazione, di approfondimento, di astinenza, di disciplina. E

allo stesso modo avviene nell'educazione alla vera immagine, cioè alla risco-

perta delle grandi icone create nella storia nella cristianità: con l'umiltà ci si

libera da immagini superficiali. Questo tipo di iconoclasma è sempre neces-