professionem. Expleto praescripto curriculo, ordinationem suscepit sacerdo-
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cezione della vita di ampi settori della società. Il passato appare, cosı̀, solo
infatti che la Chiesa possa trarre ispirazione nelle sue scelte attingendo al suo
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questa conversione, questa modalità nuova, questa originalità cristiana di essere
una comunione che propone efficacemente la novità della esperienza cristiana.
È la grande questione che ogni sacerdote che è responsabile per altri si
pone ogni giorno. Anche per se stesso naturalmente. È vero che nel Nove-
cento c'era la tendenza a una devozione individualistica, per salvare soprat-
tutto la propria anima e creare dei meriti anche calcolabili, che si poteva in
certe liste anche indicare con numeri. E certamente tutto il movimento del
Vaticano II ha voluto superare questo individualismo.
Io non vorrei adesso giudicare queste generazioni passate, che a modo loro
hanno tuttavia cercato di servire cosı̀ gli altri. Ma c'era il pericolo che
soprattutto si volesse salvare la propria anima, al quale seguiva un estrinse-
cismo della pietà che alla fine trovava la fede come un peso e non come una
liberazione. E certamente è volontà fondamentale della nuova pastorale in-
dicata dal Concilio Vaticano II di uscire da questa visione troppo ristretta del
cristianesimo e scoprire che io salvo la mia anima solo dandola, come ci ha
detto oggi nel vangelo il Signore; solo liberandomi da me, uscendo da me;
come Dio ha fatto nel Figlio uscito da se stesso Dio per salvare noi. E noi
entriamo in questo movimento del Figlio, cerchiamo di uscire da noi stessi
perché sappiamo dove arrivare. E non cadiamo nel vuoto, ma lasciamo noi
stessi, lasciandoci al Signore, uscendo, mettendoci a sua disposizione, come
vuole lui e non come pensiamo noi.
Questa è la vera obbedienza cristiana, che è la libertà: non come vorrei io,
con il mio progetto di vita per me, ma mettendomi a sua disposizione, perché
Egli disponga di me. E mettendomi nelle sue mani sono libero. Ma è un
grande salto che non è mai fatto definitivamente. Penso qui a sant'Agostino,
che tante volte ci ha detto questo. Inizialmente dopo la conversione pensava
di essere arrivato al vertice e di vivere nel paradiso della novità dell'essere
cristiano. Poi ha scoperto che il cammino difficoltoso della vita continuava,
benché da quel momento sempre nella luce di Dio, e che era necessario fare
ogni giorno di nuovo questo salto da se stesso; dare questo io perché sia morto
e rinnovato nel grande io di Cristo che è il nostro comune noi.
Ma direi che noi stessi dobbiamo proprio nella celebrazione dell'Eucaristia
- che è questo grande e profondo incontro con il Signore dove mi lascio
cadere nelle sue mani - esercitare questo passo grande. Quanto più noi stessi
lo impariamo possiamo anche esprimerlo agli altri e renderlo comprensibile,
accessibile ad altri. Solo andando con il Signore, lasciandoci nella comunione