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Del resto, la conseguenza dell'amare il Signore è dare tutto - proprio
tutto, fino alla stessa vita - per Lui: questo è ciò che deve distinguere il
nostro ministero pastorale; è la cartina di tornasole che dice con quale pro-
fondità abbiamo abbracciato il dono ricevuto rispondendo alla chiamata di
Gesù e quanto ci siamo legati alle persone e alle comunità che ci sono state
affidate. Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organiz-
zativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiamati a essere
segno della presenza e dell'azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la
comunità nella carità fraterna.
Non che questo sia scontato: anche l'amore più grande, infatti, quando
non è continuamente alimentato, si affievolisce e si spegne. Non per
nulla l'Apostolo Paolo ammonisce: « Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge,
in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere
pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio
Figlio ».4
La mancata vigilanza - lo sappiamo - rende tiepido il Pastore; lo fa
distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della
carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo
impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupa-
to più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo
di Dio. Si corre il rischio, allora, come l'Apostolo Pietro, di rinnegare il
Signore, anche se formalmente ci si presenta e si parla in suo nome; si offusca
la santità della Madre Chiesa gerarchica, rendendola meno feconda.
Chi siamo, Fratelli, davanti a Dio? Quali sono le nostre prove? Ne abbia-
mo tante; ognuno di noi sa le sue. Che cosa ci sta dicendo Dio attraverso di
esse? Su che cosa ci stiamo appoggiando per superarle?
Come per Pietro, la domanda insistente e accorata di Gesù può lasciarci
addolorati e maggiormente consapevoli della debolezza della nostra libertà,
insidiata com'è da mille condizionamenti interni ed esterni, che spesso susci-
tano smarrimento, frustrazione, persino incredulità.
Non sono certamente questi i sentimenti e gli atteggiamenti che il Signore
intende suscitare; piuttosto, di essi approfitta il Nemico, il Diavolo, per
isolare nell'amarezza, nella lamentela e nello scoraggiamento.
4 At 20, 28.