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Acta Francisci Pp. 611
poi, non fai la statistica di come è andato questo: la fa Dio. Lui fa crescere
questo seme; ma dobbiamo seminare con quella certezza che l'acqua la dà
Lui, la crescita la dà Lui. E noi non facciamo la raccolta: la farà un altro
prete, un altro laico, un'altra laica, un altro la farà. Ma la gioia di seminare
con la testimonianza, perché con la parola solo non basta, non basta. La
parola senza la testimonianza è aria. Le parole non bastano. La vera testi-
monianza che dice Paolo.
L'annunzio del Vangelo è destinato innanzitutto ai poveri, a quanti man-
cano spesso del necessario per condurre una vita dignitosa. A loro è annun-
ciato per primi il lieto messaggio che Dio li ama con predilezione e viene a
visitarli attraverso le opere di carità che i discepoli di Cristo compiono in suo
nome. Prima di tutto, andare ai poveri: questo è il primo. Nel momento del
Giudizio finale, possiamo leggere in Matteo 25, tutti saremo giudicati su
questo. Ma alcuni, poi, pensano che il messaggio di Gesù sia destinato a coloro
che non hanno una preparazione culturale. No! No! L'Apostolo afferma con
forza che il Vangelo è per tutti, anche per i dotti. La sapienza, che deriva
dalla Risurrezione, non si oppone a quella umana ma, al contrario, la purifica
e la eleva. La Chiesa è sempre stata presente nei luoghi dove si elabora la
cultura. Ma il primo passo è sempre la priorità ai poveri. Ma anche dobbiamo
andare alle frontiere dell'intelletto, della cultura, nell'altezza del dialogo, del
dialogo che fa la pace, del dialogo intellettuale, del dialogo ragionevole.
È per tutti, il Vangelo! Questo di andare verso i poveri non significa che
noi dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di « barboni spirituali »! No,
no, non significa questo! Significa che dobbiamo andare verso la carne di
Gesù che soffre, ma anche soffre la carne di Gesù di quelli che non lo cono-
scono con il loro studio, con la loro intelligenza, con la loro cultura. Dobbiamo
andare là! Perciò, a me piace usare l'espressione « andare verso le periferie »,
le periferie esistenziali. Tutti, tutti quelli, dalla povertà fisica e reale alla
povertà intellettuale, che è reale, pure. Tutte le periferie, tutti gli incroci
dei cammini: andare là. E là, seminare il seme del Vangelo, con la parola e
con la testimonianza.
E questo significa che noi dobbiamo avere coraggio. Paolo VI diceva che
lui non capiva i cristiani scoraggiati: non li capiva. Questi cristiani tristi,
ansiosi, questi cristiani dei quali uno pensa se credono in Cristo o nella
« dea lamentela »: non si sa mai. Tutti i giorni si lamentano, si lamentano; e
come va il mondo, guarda, che calamità, le calamità. Ma, pensate: il mondo
non è peggiore di cinque secoli fa! Il mondo è il mondo; è sempre stato il