ACTA FRANCISCI PP.

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 Acta Francisci Pp. 637

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 Acta Francisci Pp. 639

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale640

 Acta Francisci Pp. 641

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale642

 Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum 643

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale644

 Congregatio pro Episcopis 645

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale646

 Congregatio pro Episcopis 647

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale648

 Diarium Romanae Curiae 649

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale650

Acta Francisci Pp. 611

poi, non fai la statistica di come è andato questo: la fa Dio. Lui fa crescere

questo seme; ma dobbiamo seminare con quella certezza che l'acqua la dà

Lui, la crescita la dà Lui. E noi non facciamo la raccolta: la farà un altro

prete, un altro laico, un'altra laica, un altro la farà. Ma la gioia di seminare

con la testimonianza, perché con la parola solo non basta, non basta. La

parola senza la testimonianza è aria. Le parole non bastano. La vera testi-

monianza che dice Paolo.

L'annunzio del Vangelo è destinato innanzitutto ai poveri, a quanti man-

cano spesso del necessario per condurre una vita dignitosa. A loro è annun-

ciato per primi il lieto messaggio che Dio li ama con predilezione e viene a

visitarli attraverso le opere di carità che i discepoli di Cristo compiono in suo

nome. Prima di tutto, andare ai poveri: questo è il primo. Nel momento del

Giudizio finale, possiamo leggere in Matteo 25, tutti saremo giudicati su

questo. Ma alcuni, poi, pensano che il messaggio di Gesù sia destinato a coloro

che non hanno una preparazione culturale. No! No! L'Apostolo afferma con

forza che il Vangelo è per tutti, anche per i dotti. La sapienza, che deriva

dalla Risurrezione, non si oppone a quella umana ma, al contrario, la purifica

e la eleva. La Chiesa è sempre stata presente nei luoghi dove si elabora la

cultura. Ma il primo passo è sempre la priorità ai poveri. Ma anche dobbiamo

andare alle frontiere dell'intelletto, della cultura, nell'altezza del dialogo, del

dialogo che fa la pace, del dialogo intellettuale, del dialogo ragionevole.

È per tutti, il Vangelo! Questo di andare verso i poveri non significa che

noi dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di « barboni spirituali »! No,

no, non significa questo! Significa che dobbiamo andare verso la carne di

Gesù che soffre, ma anche soffre la carne di Gesù di quelli che non lo cono-

scono con il loro studio, con la loro intelligenza, con la loro cultura. Dobbiamo

andare là! Perciò, a me piace usare l'espressione « andare verso le periferie »,

le periferie esistenziali. Tutti, tutti quelli, dalla povertà fisica e reale alla

povertà intellettuale, che è reale, pure. Tutte le periferie, tutti gli incroci

dei cammini: andare là. E là, seminare il seme del Vangelo, con la parola e

con la testimonianza.

E questo significa che noi dobbiamo avere coraggio. Paolo VI diceva che

lui non capiva i cristiani scoraggiati: non li capiva. Questi cristiani tristi,

ansiosi, questi cristiani dei quali uno pensa se credono in Cristo o nella

« dea lamentela »: non si sa mai. Tutti i giorni si lamentano, si lamentano; e

come va il mondo, guarda, che calamità, le calamità. Ma, pensate: il mondo

non è peggiore di cinque secoli fa! Il mondo è il mondo; è sempre stato il