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L'amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla « parola data
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Congregatio de Causis Sanctorum 205
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale206
Congregatio de Causis Sanctorum 207
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale208
Congregatio de Causis Sanctorum 209
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale210
Congregatio de Causis Sanctorum 211
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale212
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale214
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Congregatio pro Gentium Evangelizatione 217
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Congregatio de Institutione Catholica 219
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Congregatio de Institutione Catholica 221
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Congregatio de Institutione Catholica 223
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Congregatio de Institutione Catholica 225
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Congregatio de Institutione Catholica 227
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Congregatio de Institutione Catholica 229
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Congregatio de Institutione Catholica 231
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Congregatio de Institutione Catholica 233
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forma di servo e obbedendo fino alla croce.6 Questo è il cammino dell'umiltà
del Figlio che noi dobbiamo imitare. Seguire Cristo vuol dire entrare in questo
cammino dell'umiltà. Il testo greco dice tapeinophrosyne: 7 non pensare in
grande di se stessi, avere la misura giusta. Umiltà. Il contrario dell'umiltà
è la superbia, come la radice di tutti i peccati. La superbia che è arroganza,
che vuole soprattutto potere, apparenza, apparire agli occhi degli altri, essere
qualcuno o qualcosa, non ha l'intenzione di piacere a Dio, ma di piacere a se
stessi, di essere accettati dagli altri e - diciamo - venerati dagli altri. L'« io »
al centro del mondo: si tratta del mio io superbo, che sa tutto. Essere cri-
stiano vuol dire superare questa tentazione originaria, che è anche il nucleo
del peccato originale: essere come Dio, ma senza Dio; essere cristiano è essere
vero, sincero, realista. L'umiltà è soprattutto verità, vivere nella verità, im-
parare la verità, imparare che la mia piccolezza è proprio la grandezza, perché
cosı̀ sono importante per il grande tessuto della storia di Dio con l'umanità.
Proprio riconoscendo che io sono un pensiero di Dio, della costruzione del suo
mondo, e sono insostituibile, proprio cosı̀, nella mia piccolezza, e solo in
questo modo, sono grande. Questo è l'inizio dell'essere cristiano: è vivere la
verità. E solo vivendo la verità, il realismo della mia vocazione per gli altri,
con gli altri, nel corpo di Cristo, vivo bene. Vivere contro la verità è sempre
vivere male. Viviamo la verità! Impariamo questo realismo: non voler appa-
rire, ma voler piacere a Dio e fare quanto Dio ha pensato di me e per me, e
cosı̀ accettare anche l'altro. L'accettare l'altro, che forse è più grande di me,
suppone proprio questo realismo e l'amore della verità; suppone accettare me
stesso come « pensiero di Dio », cosı̀ come sono, nei miei limiti e, in questo
modo, nella mia grandezza. Accettare me stesso e accettare l'altro vanno
insieme: solo accettando me stesso nel grande tessuto divino posso accettare
anche gli altri, che formano con me la grande sinfonia della Chiesa e della
creazione. Io penso che le piccole umiliazioni, che giorno per giorno dobbiamo
vivere, sono salubri, perché aiutano ognuno a riconoscere la propria verità ed
essere cosı̀ liberi da questa vanagloria che è contro la verità e non mi può
rendere felice e buono. Accettare e imparare questo, e cosı̀ imparare ad ac-
cettare la mia posizione nella Chiesa, il mio piccolo servizio come grande agli
occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo, rende liberi. Se sono
arrogante, se sono superbo, vorrei sempre piacere e se non ci riesco sono
misero, sono infelice e devo sempre cercare questo piacere. Quando invece
6 Cfr Fil 2, 6-8. 7 Cfr Ef 4, 2.